Harry Potter vive con gli zii e il cuginetto sin dalla più tenera età
dopo la morte dei suoi genitori. I parenti non lo amano per nulla. Harry
sta ormai per compiere undici anni e viene guardato male anche per
alcune sue capacità ‘magiche’. Che sono effettive perché Harry è figlio
di maghi e comincia a ricevere lettere, regolarmente sequestrate,
portate da gufi. Dovrà giungere il gigantesco Hagrid a recapitargliene
personalmente una perché possa apprendere di essere stato ammesso a
frequentare la Scuola di Magia e Stregoneria di Hogwarts. Gli zii a
questo punto non possono far più nulla e Harry raggiunge la Scuola dove
apprende che il suo nome è già noto e dove scoprirà di avere naturali
doti magiche. Questo non è che l’inizio delle sue avventure ispirate al
famosissimo e vendutissimo libro di J.K. Rowling che da madre single e
senza una sterlina si è ritrovata ad essere una delle donne più ricche
della Gran Bretagna. Il film mantiene più di quel che pareva
promettere. Chris Columbus (nel suo carnet, tra gli altri, Mamma ho perso l’aereo)
ha saputo evitare l’ansia da effetto speciale (anche se parte della
stampa d’Oltreoceano ha già fatto le sue brave ironie) per puntare tutto
sulla storia che segue, fatti i debiti tagli e una variante sul
prologo, lo sviluppo del romanzo. Circondandosi di ottimi attori ha
ricostruito un clima Anni Sessanta senza però mai dimenticare gli
spettatori (dai 6 ai 60 anni) a cui si rivolgeva. Tanto che si giunge
alla morale della favola dopo due ore e mezza di film ancora in grado di
intendere e di volere. Cioè non frastornati da una colonna sonora
pompata o da mirabilie tecnologiche ma piacevolmente coinvolti da una
storia la cui ‘magia’ sta nel raccontare in modo semplice del
(fortunatamente non ancora annullato) bisogno di fantasia della mente
umana.